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martedì 21 aprile 2015

Recensione: Vincent il matto, di Luiz Antonio Aguiar

Buongiorno a tutti e benvenuti a questa nuova recensione!
Una recensione che avrei voluto riempire con i quadri di Van Gogh e con i suoi colori, ma mi sono trattenuta.

Titolo: Vincent il matto. Quell'anno con Van Gogh
Autore: Luiz Antonio Aguiar
Edito da: Giunti
Titolo originale: Sonhos en Amarelo: o garoto que nao esqueceu Van Gogh
Pagine: 128
Consigliato:


Trama:


 Per Camille Roulin è impossibile dimenticare l'anno in cui monsieur Van Gogh diventò una presenza fissa in famiglia. Era il 1888, lui aveva undici anni e suo padre, il postino di Arles, lo mandava spesso a casa del pittore per consegnare i pacchi di colori, tele e pennelli in arrivo da Parigi. Stagione dopo stagione, tra battibecchi, scherzi in famiglia, maldicenze di paese, Camille vide quell'uomo sconosciuto e bizzarro fissare nei suoi quadri tutti i colori del Sud: alberi fioriti e girasoli, campi assolati, vigneti e cieli pieni di stelle... E per lui fu come vedere il mondo per la prima volta. 

Recensione:

 


Nel 1888, ad Arles, una cittadina nel sud della Francia, viveva un ragazzino di nome Camille Roulin, figlio del postino Joseph. In quell’anno si trasferisce in città uno straniero, un pittore olandese, malvisto da tutta la cittadinanza per i suoi modi strani e per i forti colori che usa nel dipingere i campi di grano e la sua stessa casa. Joseph, consegnandogli le tele, i pennelli ed i colori che arrivano da Parigi e bevendo con lui tutte le sere un bicchiere di vino, stringe amicizia con “Il rosso matto”, così viene soprannominato il pittore.
Joseph Roulin
“Il Rosso matto”, che dipinge le notti stellate con l’ausilio di candele attaccate al suo cappello di paglia, e che dipinge vasi con girasoli, è Vincent Van Gogh.
“Ebbi paura di distoglierlo ancora una volta dalla sua tela, uno scroscio di girasoli che scappavano dalla bocca di un vaso.”
In questo libro, breve ma intenso, ci viene raccontato quel suo anno di vita ad Arles attraverso appunto gli occhi di Camille, che a sua volta lo racconta in alcune lettere alla sorellina Marcelle, poiché sta partendo per la grande guerra, e vuole che la sorellina sappia come è stato conoscere quello strambo personaggio.
Ammetto di essere stata attratta inizialmente dalla copertina con quei forti colori: il giallo e il viola. Poi, vedendo il titolo e il disegno in copertina, mi è subito tornato alla mente lo splendido episodio di Doctor Who.
Nonostante sia un libro per ragazzini, ho trovato davvero molto emozionante questo scritto.
I capitoli si dividono nelle quattro stagioni dell’anno, cominciando dalla primavera. Ci viene raccontato, attraverso tutto l’anno, l’amicizia tra Joseph e Vincent, le vicende familiari dei Roulin e il loro odio-amore verso il pittore, ci viene raccontata Arles che viene dipinta con colori accesi e tratti decisi dal solitario Vincent.
Difficile non provare pena per lui e difficile non provare risentimento e astio contro gli abitanti della città e contro Gauguin, che dopo un grosso litigio (e il conseguente taglio dell’orecchio da parte di Van Gogh) lo abbandona e lo lascia nuovamente solo.
“Anche mio padre aveva trovato i colori della Provenza, colori che non aveva mai percepito, e che non stavano propriamente ad Arles, ma nei quadri di Van Gogh”.
E’ un libro che consiglio a tutti quelli appassionati di arte che vogliono leggere qualcosa su questo pittore ora famosissimo ma che, purtroppo, non ha ricevuto attenzione e riconoscenza in vita.
Lo stile, pur essendo piuttosto semplice perché destinato ad un pubblico giovane, non è mai banale.
Non usa mai parole a caso, non è mai noioso o prolisso, cosa che mi infastidisce sempre molto.
Racconta quello che deve raccontare, senza giri di parole, eppure lo fa in modo a volte sorprendente, perché più di una volta mi sono fermata ad immaginare il paesaggio di Arles, con un Van Gogh che lo dipinge, talmente concentrato sulla sua tela da non accorgersi delle persone ostili intorno a lui.
Il finale, oltre alla lettera che Camille invia alla sorella il giorno prima della sua partenza per la guerra, è quello che conosciamo tutti, raccontato tramite gli occhi di Camille qualche anno dopo, quando il pittore ormai è seppellito di fianco a suo fratello.
A chiudere il libro, oltre ad un breve riassunto della vita del pittore, c’è anche un interessantissimo elenco dei quadri che vengono nominati durante il racconto, dove sono esposti e come possiamo vederli, anche soltanto attraverso internet. L’ho trovata un’idea molto carina ed istruttiva.
Non assegno il voto pieno solo perchè avrei voluto che fosse molto più lungo, avrei voluto sapere molto di più soprattutto su come dipingeva le sue bellissime ed intense notti stellate.
“I quadri appassiscono come i fiori… E’ inutile, la tristezza è infinita. (…) Credo che lui intenda lasciarsi andare per richiamare attenzione sulle sue opere. E’ l’unico modo che vede per salvarle dall’oblio.”

Voto:

 

giovedì 28 agosto 2014

Recensione: Il caso dei libri scomparsi, Ian Sansom






Titolo: Il caso dei libri scomparsi
Autore: Ian Sansom
Titolo originale: The case of the missing books
Edito da:TEA
Pagine: 311
Consigliato: No.
 


 Difficile digerire un libro che ci fa arrabbiare.
E questo mi ha fatto davvero innervosire.
Lo so, la maggior parte delle recensioni su questo blog sono negative... presto arriveranno anche quelle positive.
Non perdete la speranza.

 Trama:

Appena arrivato da Londra nella piccola cittadina di Tundrum, Irlanda del Nord, per ricoprire il suo primo posto come bibliotecario, il giovane Israel Armstrong scopre che in effetti il suo posto non c'è, né la biblioteca, né i libri... E questo non è che l'inizio dei suoi guai. Nel giro di poche ore infatti perde vestiti, soldi, carte di credito, e forse anche fidanzata, s'imbatte in una serie di personaggi con i quali immancabilmente entra in conflitto, viene alloggiato niente meno che nella stia dei polli di una fattoria e si ritrova incastrato al volante di un vecchio furgone arrugginito che funge da biblioteca semovente, ma senza scaffali. Peccato però che i libri continuino a mancare: 15.000 volumi, per l'esattezza, scomparsi. Chi mai li avrà rubati? E perché? Ma soprattutto, ci sarà in quell'angolo di mondo dimenticato da Dio un posto decente dove poter bere un cappuccino decente e leggersi il giornale? Israel vuole delle risposte.


 Recensione:


Avevo deciso di portarmi questo libro nel mio viaggio in Irlanda, perché è appunto ambientato in Irlanda (del nord) e perché mi sembrava un libro non troppo impegnativo, adatto ad un viaggio in traghetto e uno in treno di otto ore e passa.
Sfortunatamente sono riuscita a leggerlo solo sul treno di ritorno, ma è stato comunque piacevole ritrovare alcune località che ho visitato e dire: oh! lì ci sono stata!!
E credo che la mia esperienza piacevole con questo libro termini qui.
Ah no, dimenticavo l’essere d’accordo sul fatto che le Tayto onion e cheese siano le patatine più buone del mondo.
Se capitate da quelle parti dovete assolutamente assaggiarle, qualunque gusto, sono ottime!!

Peccato le facciano solo in Irlanda del Nord. ç__ç
La storia potrebbe anche essere carina e divertente, e ricordare un po’ il film francese “giù al nord”, con una persona che viene scaraventata in un mondo vicino al suo ma completamente differente, che all'inizio si trova malissimo ma poi non vuole più tornare a casa, peccato che non sia così.
Di sicuro non è un antidoto alla malinconia come pubblicizzato sulla copertina.
E’ un libro che mi ha fatto arrabbiare, per vari motivi. E non è mai bello quando un libro fa arrabbiare il proprio lettore.
Innanzitutto è un ritratto davvero pessimo degli Irlandesi e del loro paese. Sul serio, se io fossi un irlandese mi sentirei offeso.
Vengono dipinti come maleducati, che parlano in maniera strana, antiquata e sguaiata, sporchi, poveri e terroristi.
Ma non è così, almeno per quanto ho appurato io.
E poi poteva essere divertente se fatto in maniera umoristica, ma qui mi sembrava volessero farli sembrare inferiori agli inglesi, in special modo ai londinesi.
Parliamo del protagonista, il bibliotecario, Israel.
Che dire di lui? Probabilmente l’essere più sfortunato dell’intero sistema solare.
Gliene capitano di tutti i colori. E magari all’inizio potrebbe essere simpatico qualche piccolo incidente, ma non un incidente a pagina! Così si esagera e dopo scade tutto nel ridicolo e nel prevedibile.
Oltretutto, non appena si fa male, va avanti per mezz’ora a lamentarsi con una sola parola: AHIA, neanche fosse un bambino di 3 anni.
Parliamo dei libri: una biblioteca chiusa e 15000 libri scomparsi nel nulla.
Che è poi il clou del romanzo. Dove saranno i libri?
Mistero banale che si risolve in maniera banale nelle ultime pagine.
Davvero un finale insoddisfacente, ma andrà avanti con altri libri, che io non leggerò.
Seccanti le varie ripetizioni in tutto il romanzo: il continuo uso delle parole: seeee e Ach (che io in tutta l’irlanda non ho mai sentito pronunciare), ahia e la ripetizione ossessiva dei vari titoli e professioni precedenti dei personaggi, o luoghi di lavoro.
Si possono usare dei sinonimi, o almeno un’abbreviazione, non c’è bisogno di ripetere tutte le volte: lavorava al reparto libreria di bla bla, nel centro commerciale di bla bla, nella città di bla bla, essex.
Diventa noioso e ridondante.
Il protagonista poi è davvero assurdo, nonostante abbia letto migliaia di libri (così dicono) non conosce cose elementari, e quindi passa per un cretino; non solo, a quanto pare non apprezza i libri.
Perché quelli che si è portato dietro dalla sua casa di Londra, non solo non li legge, ma li usa in modi più utili, come la copia di Vita di Pi lanciata nelle fauci di un cane, o Harry Potter e il principe mezzosangue usato per rompere una finestra. (copia che gli era stata regalata pur sapendo che lui odia J.K. Rowling, il che, secondo me, fa insorgere qualsiasi potterhead).
E qui mi è subito venuto in mente Doctor Who:

Io l’ho trovato triste. Perché vuol dire che l’autore odia tutti i i titoli che ha inserito, e che gli fa fare una brutta fine perché secondo lui è meglio non leggerli.
Ma queste sono opinioni sue personali, quindi ora mi chiedo: Ma Israel allora fino adesso che cosa ha letto? Quali libri gli sono piaciuti??
Se fosse un amante dei libri non li userebbe mai per rompere finestre!!
E’ in campagna, per rompere un vetro basta un sasso, ce ne sono a bizzeffe in Irlanda!
Per non parlare delle ripetizioni nei dialoghi tipo:
"Hanno rubato i libri!!
Hanno rubato i libri?
Si, hanno rubato i libri!
Ma sul serio hanno rubato i libri??"
Ma cosa non hai capito della prima frase?
E lo sconvolgimento di Israel nell’apprendere che il nome del reverendo è England.
E ha un fratello che si chiama Scotland.
Caro, nel caso non te ne fossi accorto anche tu hai il nome di una nazione, perché Israele è un paese, non una marca di birra!
Insomma, un libro altamente sconsigliato perché a me ha fatto uscire dai gangheri.
Statene alla larga, ma comprate le patatine. 
Voto: